Le belle pipe di una volta…

 

 

Mastro de Paja Saxopone
La mia Mastro de Paja Saxophone del’79

C’era un tempo in cui le pipe venivano realizzate con una maestrìa impressionante, anni in cui la ricerca particolare dello stile era eretta a “condicio sine qua non” nella lavorazione del ciocco, tempi nei quali la pipa viveva una stagione di rinascita stilistica grazie alle menti e alle mani di sapienti artigiani. La storia di questa pipa si colloca nel periodo che va dagli anni settanta in poi, ma non troppo lontano dal decennio che in fatto di artigianato è stato determinante per lo stile pipico italiano.

Siamo nella Pesaro dei ’70. Fino ad allora le pipe si realizzavano nel nord Italia, precisamente in quel territorio lombardo che aveva dato i natali a due grandi leaders della pipa italiana, dalle realizzazioni tanto diverse quanto affascinanti, dai design evoluti e personali, dalle lavorazioni opposte e non assimilabili… dal grande impatto stilistico e riconoscibile tra i tanti : Castello e Savinelli. E due rispettivi archetipi : Sea Rock per Castello e Punto Oro per Savinelli. A livello di immaginario, per il sottoscritto, la pipa italiana in quanto ad ardite realizzazioni ha avuto la sua struttura poggiata su queste due colonne. Questo fino al 1972, quando un trio di artigiani pesaresi decise di sfidare lo strapotere lombardo… e se si domanda Pesaro il riflesso condizionato della risposta non sarà altro che :  “Mastro de Paja!”. La Mastro de Paja fu fondata sulla passione di tre amici : il grande Giancarlo Guidi, Giannino Spadoni e Alberto Montini, da me scherzosamente ribattezzati la banda del pesarese. Eh si, perchè nell’Italia di quei tempi realizzare le pipe al di fuori di una certa area geografica fu senz’altro un qualcosa di rivoluzionario e di sicuro il sognatore non può esimersi dal guardare a questo con il romanticismo che evocano le grandi imprese.

Ma che cos’è una Mastro de Paja? In cosa si differenzia dalle pipe del tempo? Posso dire che di certo Mastro de Paja ha rivoluzionato il concetto di pipa, ne ha dato una interpretazione fortemente personale, nonchè ha inciso il suo stile caratterizzando un intero periodo : quello delle pipe italiane che facevano dell’opulenza stilistica la propria particolarità. La pipa adatta all’esteta, dalle forme e dalle dimensioni rigogliose : un nuovo modo, affiancato al classicismo, di intendere un concetto. E l’opulenza viene sfacciatamente esibita. Qualora Savinelli marchiava le sue top con un puntino in oro ( chiaramente richiamato all’eccellenza della pipa industriale inglese, Dunhill) e Castello con una sobria ed elegante barretta bianca, le fiorenti pesaresi erano marchiate con un grande puntone in argento. Qualora Achille Savinelli scriveva una delle più belle pagine di design industriale italiano e Castello realizzava una delle più innovative finiture ( Sea Rock, ispirata all’effetto corrosivo del mare sugli scogli), alla Mastro de Paja riscrivevano totalmente le caratteristiche dimensionali e geometriche della pipa, dando vita ad una vera e propria scuola, la pesarese. La pipa italiana si arricchì di una nuova colonna portante caratterizzata dal vanto della completa artigianalità del prodotto.

Ero da tempo alla ricerca di una Mastro de Paja del periodo, una di quelle che potesse sintetizzare al meglio la summa delle variazioni e del design pesarese, ma che soprattutto non avrebbe dovuto essere posteriore agli anni settanta. E l’ho trovata scavando nel catalogo del rodato della tabaccheria Sansone di Roma. In maniera molto perfezionista il tutto doveva quadrare. Periodo, forme e dimensioni. Per questo ho chiesto agli espertissimi e gentilissimi proprietari del negozio di inviarmi delle foto della pipa in mano, in modo tale da rendermi conto delle dimensioni. Doveva essere la pipa dell’esteta, dall’opulenza elegante ed esibita e dal design avant-garde. Era proprio lei! La pesarese dei miei sogni…

La vedete nella foto di sopra, una Saxophone del ’79. Dalle forme sinuose, eleganti e che non mancano di una certa aerodinamicità, dopo tutto. Sabbiata come non se ne sabbiano più : alla vista e al tatto della sabbiatura sono rimasto di stucco. Una pipa totalmente realizzata a mano e curata nei piccoli dettagli. Dalla stratosferica finitura, dall’accoppiamento cannello-bocchino dalle linee che dire eleganti è poco, dalla vera in argento che completa il tutto… ma soprattutto dalla forma e dalle proporzioni che lasciano senza fiato, come la profondità e il diametro del fornello oppure l’ottimo metacrilato tagliato a mano, con il sole stilizzato che è di un fascino agghiacciante.

Una Mastro de Paja che sta a testimoniare un malinconico fascino che è difficile definire, quello delle belle pipe di una volta….

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Dettaglio della sabbiatura

NB. Le foto sono quelle della Tabaccheria Sansone della pipa a me venduta : non si poteva fare di meglio….

SG Balkan Flake, un Balkan a metà

 

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Incomincio con il dire che è una miscela atipica : nonostante la denominazione Balkan, non rispetta la composizione canonica di ciò che Balkan viene definito, ovvero : Virginia, Latakia ed Orientali. Penso che questa mancanza non sia passata inosservata a nessun fumatore di pipa, navigato o non. Comunque, non è di certo questa errata definizione balkanica che può mettere fuorigioco questo ottimo tabacco di casa Gawith, la quale ci offre sempre qualità e miscele collocabili nell’Olimpo tabagico. L’assenza di Orientali ha infatti stuzzicato la mia curiosità…

L’etichetta posta sul fronte della latta riporta la seguente descrizione : ” A blend of fine Virginias and Latakia from the House of Samuel Gawith & Co. Ltd. Kendal, England.” Sicuramente incuriosisce non poco questo Virginia al Latakia.

Aperta la latta l’odore è inebriante : presenta buone note speziate ed emana un’invitante freschezza… il Virginia si sente e dà prova della sua qualità. Il Latakia è ben presente, direi il giusto all’olfatto. Il taglio si evince dal nome stesso, è un flake. Un pressato sottile, a fettine. E’ molto umido, d’obbligo farlo arieggiare un bel po’, altrimenti la combustione diventa troppo difficoltosa.

Per quanto mi riguarda, uso sbriciolare i flake per fumarli. Le ragioni che mi spingono a questo riguardano la combustione, infatti riesco a mantenerlo acceso più facilmente e di conseguenza a godere maggiormente della fumata senza troppi grattacapi. Inoltre evitando un maggior numero di riaccensioni che il flake intero richiede, riesco a migliorare la percezione del suo bouquet aromatico e al tempo stesso a conservare la lingua in condizioni di fumata eccellenti. Comunque sia, questa recensione farà del suo giudizio una media tra le fumate avvenute a flake intero e sbriciolato. Passiamo a come si comporta in fumata…

Si dimostra a mio dire un’ottimo tabacco. Fatto opportunamente asciugare dell’umidità in eccesso riesce a garantire una combustione che non risulta ostica, direi a pari dei trinciati della stessa casa produttrice : è ormai noto ai più che la combustione dei Gawith è leggermente meno propensa a rendersi in facile maniera rispetto ad altri trinciati. Comunque del tutto gestibile. Presenta delle buone note dolci che fanno da ottima base a quelle pungenti tipiche del Latakia, il quale assicura uno speziato e delle note d’incenso di tutto rispetto. Presenta un’ottima pienezza di corpo, ma al tempo stesso una leggerezza in fatto di rilasci nicotinici che lo rendono adatto a vari momenti. Inoltre, se fumato attentamente, riesce a dimostrarsi un’ottimo tabacco da meditazione.

In definitiva è un buon prodotto, equilibrato e saziante. Come sempre Samuel Gawith riesce a soddisfarmi, anche quando in una Balkan manca qualcosa… quel qualcosa che in questo caso, forse, si sarebbe rivelato superfluo. Ottimo. Un esempio di azzeccatissima combinazione tra Virginia e Latakia.

 

Amphora Original Blend

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L’Amphora Original Blend è uno di quei trinciati che fumo più volentieri ed è in assoluto tra i miei preferiti. Un trinciato dall’ottima qualità, dalla combinazione equilibratissima tra i componenti che formano la miscela, dal prezzo concorrenziale e dalla facile reperibilità. Avvicinatomi ai trinciati Amphora con il Full Aroma, del quale trovate una recensione, l’Original Blend è stato una scoperta assoluta e fortunata. A mio parere rappresenta un qualcosa di molto particolare : corpo leggero-medio, ottimo bouquet aromatico, buona combustione… da fumare spesso, sia in momenti più dedicati che in quelli maggiormente spensierati. Un trinciato molto versatile.

All’apertura emana un aroma gradevolissimo, fresco, in cui il Kentucky ed il Virginia si fanno ben percepire. Da subito fa intuire una equilibrata delicatezza a partire dall’estraneità degli aromi ad essere sfacciati, eccessivi. Dall’odore si intuisce molto di questo Original Blend. L’umidità è nella norma, il taglio è un di un ribbon leggermente maggiorato. Facile al caricamento.

In fumata dà il meglio di sè : leggero, aromatico il giusto. Delicato e riposante per le papille. L’accensione è facile e la combustione evolve del tutto egregiamente : lenta e costante. Il Virginia e il Kentucky si percepiscono, creano sinergicamente una dolcezza caratterizzata da qualche punta piacevolmente aspra data dal Kentucky. Gli Orientali arrichiscono e completano il flavour di questa ottima miscela. Non presenta la tendenza ad indesiderati inzuppamenti, neanche se si tira più del dovuto. Leggero e gradevole, rilassante, di facile gestione ed economico. Sicuramente tra i mie preferiti.

 

Samuel Gawith Lakeland Dark

 

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Denominazione : Lakeland Dark

Produttore : Samuel Gawith

Contenuto : Virginia, Italian Kentucky

Confezione : tin 50gr, bulk 250gr

Prezzo : 22,00

Pipe utilizzate

Varie

 

Per questa meraviglia reperibile sul territorio nazionale un grande ringraziamento va a Mario Lubinski. A seguito della scomparsa del famigerato Brown N°4, un twist della stessa composizione, Mario ha provveduto a trovare un degno sostituto alla rimpianta treccia, scomparsa a causa dell’impennata dei prezzi dei tabacchi importati.

Il Lakeland Dark è, per me amante dei trinciati contenente Kentucky, ottimo, godibilissimo e forte. Unico. Uno di quei prodotti che elevano il Kentucky da tabacco dei poveri e senza troppe pretese a miscela complessa, ricca di sfumature, aromi e sapori. Virginia e Kentucky italiano tenuti tre ore nella pressa a vapore a calore pieno e poi pressato a freddo per qualche ora. Successivamente tagliato e inscatolato. Scuola Samuel Gawith, a mio dire una delle migliori.

All’apertura il tabacco si presenta con un forte odore, persistente e aromatico a modo suo. Le note olfattive sono quelle classiche del Kentucky, ma con più variazioni : terra, legno, cuoio. Il tutto libidicamente marcato. L’umidità, come sempre in casa Gawith c’è, fare prendere aria per benino prima di incominciare la fumata. Il taglio si presenta sotto forma di broken flake, ovvero come pezzettoni di flake spezzato molto grossolanamente. Il colore scuro è magnificenza pura.

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Il Lakeland Dark in tutta la sua maestosità, qui ne è alle prese la mia amata Aran

In fumata è un prodotto estremamente entusiasmante, la combustione parte abbastanza bene e con qualche fiammifero in più che si rende necessario. Domina l’amaro, il sapore di terra, di cuoio, di affumicato persistente. Il Virginia si percepisce e si comporta molto bene, a mio parere contribuisce non poco a donare a questa miscela una complessità che va ben oltre le apparenze. Presenta una forza nicotinica abbastanza elevata, va fumato con molta calma, boccate corte e con ritmo leggermente più lento del solito. Le riaccensioni sono necessarie, ma l’importante è goderselo, anche in barba ad una combustione che non è delle migliori.

Ultimamente lo sto fumando in fornelli più grandi. L’avevo affidato inizialmente ad una Savinelli Dry System, in questo periodo sto optando per la Peterson Aran, in cui riesco godermelo molto di più, in quanto la carica tende ad allargarsi durante la fumata. A questo punto una carica pressata pochissimo è d’obbligo, altrimenti non si va da nessuna parte. Caricato con la forza di una piuma, qualche fiammifero di troppo e pigiatine varie… è un tabacco a cui si deve star dietro, ma che ripaga fino all’ultimo grammo di attenzione che gli viene rivolto.

Voto 9,5