Shell Briar

dunhill shell 3103

Si possono fumare molte pipe vivendo la soddisfazione di passarsi per le mani una varietà di strumenti da fumo godendo della diversità. Si può fumare, allo stesso tempo, anche una sola pipa godendo della peculiarità di trovarla sempre pronta e mai doma, raramente stanca, se non dopo un utilizzo ai limiti delle possibilità umane. Per un fumatore vorace, magari un po’ rozzo e che pesca dalla rastrelliera una pipa con cui fare parecchi chilometri, una delle scelte più felici sarà quella di essersi preso una Shell.

Parlare di Dunhill non è mai semplice. Sono convinto che in una Dunhill ogni fumatore che ne possiede, vede quel che vuole vedere. Ne ho già parlato, ma di Dunhill ne ho comprate e ne ho vendute. Nonostante tutto, voglio e devo ritornarci, perchè in fin dei conti in compagnia del marchio inglese in questione ho passato tra i momenti più belli del mio percorso nel mondo pipico. Una mezza certezza su queste pipe me la sono fatta, ovvero quella che nonostante la bellezza e l’eleganza di ogni singolo pezzo che esce dalla manifattura, una Dunhill, poco si adatta alla vita di salotto. Una Dunhill per esprimersi al meglio va fumata e rifumata, e nonostante le tante fumate a cui un fumatore può sottoporla, difficilmente risulterà tanto stanca da gettare la spugna.

Questo articolo è un elogio alla finitura Shell, le sabbiate scure di casa Dunhill. Una Shell è una pipa che permette il “fumare con il martello”, intendendo quella libertà di usarla come meglio si crede e quanto si crede. E’ una pipa robusta, costruita al top, la quale sotto la bellezza degli shapes non nasconde fronzolo alcuno. Una pipa aristocratica, è vero, ma soprattutto una vera pipa da battaglia, non in senso da poco, ma nel significato profondo di una pipa della quotidianità : si può fumare sempre e comunque e non farà mai un passo indietro. La resa è la stessa in tutte le finiture, ovviamente, ma la Shell unisce ad essa la versatilità di una pipa pratica. Le si farebbe torto nel trattarla con i guanti, basta quel poco di manutenzione generale a cui si sottoporrebbe una pipa qualsiasi, con il vantaggio che rende all’infinito, o quasi.

Di Shell ne avevo due, ora ne ho una, quella billiard 3103 con Army Mount in ebanite, comprata nuova. Una Prince dello stesso gruppo è andata via per il semplice fatto che non riuscivo a godermela. Per il sottoscritto quella billiard è “la mia Shell”. Bellissima, titanica nello svolgere il suo mestiere e praticissima. Una pipa lodevole, raffinata e robusta allo stesso tempo. Uno strumento dalle elevatissime potenzialità.

Una pipa a cui fanno affidamento, contemporaneamente, il gusto estetico e la voglia implacabile di gustare un buon tabacco sempre e comunque.

Dunhill, Lissitzky e la “geometrica potenza”

 

root2def

Ho sempre ammirato il manifesto, fin dalla mia infanzia mi sono sempre fermato a rimirare quel foglio di carta, spesso sformato dalla troppa colla, appeso ai muri delle piazze del paese. Sono stato soventemente attirato dalla raffigurazione in molte delle sue forme, il più delle volte provando un senso profondo di ammirazione nei confronti delle piccole opere lasciate lì a farsi smembrare dalla pioggia e scolorire dal sole. Sfortunatamente, i manifesti che non troppo tempo fa reclamizzavano un luogo, un prodotto o semplicemente un’idea, sono stati soppiantati dalla superbia dell’attacchinaggio abusivo e politicante raffigurante grassi faccioni e colli sofferenti strizzati in camicie di pessimo gusto e oscuri abiti doppiopetto… se poi ci mettiamo le raccattavoti photoshoppate, si preferisce camminare guardando il selciato in sanpietrini.

L’interesse verso l’arte del manifesto, ad un certo punto si è trasformata in realizzazione. Da completo autodidatta ho incominciato a realizzarne qualcuno, così «per fare», per svago, per dare il via alla fantasia. A questo punto, mi si è aperto il mondo degli artisti del manifesto e della propaganda. I miei studi scientifici mi hanno permesso di avere, nonostante tutto, una buona cultura artistica che si è rivelata abbastanza utile nel carpire alcune questioni di fondo… Quantomeno nel saper riconoscere un certo stile nella realizzazione di qualsiasi cosa abbia una forma. Saper individuare dei punti e delle linee che ci fanno riconoscere, al di là del gusto personale, la canonica interpretazione di un concetto artistico… Almeno a questo le ore passate sul libro di Storia dell’Arte sono risultate proficue.

Se ad interessarci sono le forme geometriche, beh, direi che il primo pensiero va al costruttivismo ed in particolare ad un artista russo : El Lissitzky. Semplice, immediato e fortemente geometrico, egli fu uno dei maggiori rappresentanti dell’arte d’avanguardia russa, si occupò di propaganda, architettura, fotografia, pittura e grafica. Proprio quest’ultima, unita all’arte propagandistica, mi ha sempre lasciato di stucco nell’opera di questo artista.

«Spezza i bianchi col cuneo rosso» è probabilmente il manifesto propagandistico più semplice e al tempo stesso più ricco e profondo di tutti quelli su cui il mio sguardo ha avuto la fortuna di poggiarsi. Un cerchio ed un triangolo, uno bianco e l’altro rosso. Un messaggio sotto forma di essenza geometrica. Una rappresentazione semplice ed essenziale, dietro la quale si nasconde tutto quello che viene definito propaganda, ma anche tutto quello che può essere definito rigore geometrico e parimenti tutto quello che può essere definito artistico. Ma c’è la sostanza, l’intuitività, il pregio dell’utile. Questo manifesto è il simbolo dell’utilità, della semplicità fusa insieme all’estro artistico d’avanguardia nonchè della rigidità stilistica che è simbolo di ogni opera fortemente geometrica.

Ma cosa c’entra Sir Alfred Dunhill e le sue creazioni? Cosa c’entrano le Dunhill, queste pipe amate/odiate con tutto questo? Probabilmente niente, probabilmente tutto.

Dunhill è uno dei marchi di pipe più famosi, ma anche dei più discussi. C’è chi pensa che una Dunhill sia la migliore espressione dello stile classico nel mondo della pipa, chi pensa che una pipa Dunhill è da comprare per l’eccellenza della resa in fumata o per la sua instancabilità, chi per l’ottima fattura che questo marchio è capace di vantare dalla data della sua nascita. Altri di contro, pensano che costi troppo, che non è nulla di particolare, che si può fumare addirittura meglio spendendo meno. Nella mia piccola esperienza di fumatore di pipa mi sono sempre chiesto cosa fa di Dunhill non solo un pilastro di questo mondo, ma anche un enorme oggetto del contendere. E ora voglio provare a rispondere e a rispondermi sui dilemmi del White Spot.

Tanto per iniziare una Dunhill è una pipa, direi un’ottima pipa. E’ un oggetto dalla fattura curatissima, caratterizzato dai migliori materiali con cui probabilmente può essere realizzato. E’un marchio storico, e come tale va conosciuto e giudicato. Adesso, posso ricollegarmi al manifesto di Lissitzky sopra esposto, ovvero un’opera che ho definito semplice, essenziale, dietro la quale si nasconde tutta la sostanza di cui può essere capace un manifesto e tutto il rigore stilistico proprio dell’arte geometrica. Bene, una Dunhill è come il manifesto di Lissitzky : è una pipa semplice, funzionale, dietro la quale si nasconde tutta la sostanza di cui può essere capace una pipa e tutto il rigore stilistico del classico inglese.

Le pipe di Sir Alfred sono semplici, essenziali. Garantiscono delle fumate a livelli limite nel mondo della pipa, limiti oltre i quali è difficile spingersi. Rendono sul lungo periodo come forse nessun’altra può fare e sono realizzate con materiali di primissima qualità. Sono belle, potentemente geometriche, assolute nella loro semplice bellezza.

Sia che cerchiate una pipa che può essere fumata parecchio senza incorrere in stress da lungo periodo, sia che ne cerchiate una al fine di rimirarne la bellezza estetica, sia che ne cerchiate un’altra semplice e funzionale, una Dunhill è comunque una delle migliori scelte. Una spesa non da poco, ma che a posteriori si è contenti di aver fatto.

 

I misteri del Forte

forte-peterson2

Esistono confronti capaci di allertare, capaci di spalancare nella mente brecce aperte con spari di cannone : sono quegli scambi di vedute che avvengono con persone che pur non conoscendo personalmente, si è certi di quello che dicono. Ci si fida dell’esperienza, del palato, della conoscenza dell’interlocutore, il quale rispetto al sottoscritto, appoggia con disinvoltura sul tavolo della discussione, il proprio pesante e al tempo stesso soave empirismo.  E se parliamo di tabacco, l’esperienza la fa padrona. Dopo questo breve intro riflessivo, partiamo dall’inizio….

La Compagnia del tabacco, forum a cui prendo parte, è il principio di questa riflessione. Nella sua sezione dedicata alle fumate “in tempo reale”, una di Lakeland Dark (ottima produzione Samuel Gawith con Kentucky), mi fece venir voglia di un certo gusto kentuckiano… quel gusto che al sottoscritto ( a torto o meno) spesso fa approdare al trinciato nostrano “Forte”, produzione MST ufficialmente a base di tale varietà. Ebbene, armato di pipa, tabacco e “macchinetta” digitale, condivisi quella mia scanzonata fumata di Forte nella sezione del forum. Fin qui tutto liscio, niente di nuovo sul fronte orientale. Spesso, però, la tranquillità è cosa che vien meno in un battibaleno. Infatti la sicurezza assoluta, garantita dalla MST, che nel mio fornello stesse bruciando Kentucky e solo quello fu vigorosamente danneggiata… Ed eccolo, il colpo di mortaio che sparato dall’altra e apparentemente tranquilla parte della trincea, è atterrato direttamente sul quartier generale, sulla mia certezza :

“Ragazzi, fumatevi pure il Forte, ma non vi illudete che la sua base sia Kentucky. Quelle, sono altra cosa.”

Il soldato stordito dallo scoppio si alza tremante sulle proprie gambe, chiedendosi cosa mai fosse accaduto così all’improvviso, cercando di capire come una così sicura e apparentemente solida postazione sia stata colpita con così tanta facilità. Tuttavia il milite, che con qualche minuto in più ha realizzato, vede in fondo al fumo dello scoppio un barlume di positività :

“Cosa ci sia nel Forte non è dato sapere, tuttavia da esperienze, ricerche, gustazioni, comparazioni, a mio dire qualche discrepanza c’è. Posso ipotizzare, che magari, alla sua base ci sia del Burley o dell’Italian Badischer Geudertheimer e che al Kentucky è stato affidato il ruolo di condimento”.

Ovviamente l’ipotesi era stata abbondantemente supportata, non ultimo da una tabella additivi molto interessante che potete trovare qui, ma anche da un ragionamento fatto a partire dall’utilizzo del nostro buon nazionale nelle cartine, che potrebbe non fare una piega. Inoltre, nessuno e men che meno il sottoscritto è mai caduto nella titanica illusione che il Forte sia ancora quello puro di un tempo… quello di cui i vecchi vanno ancora narrando la erculea forza e l’indomita natura tabagica. Il mondo cambia, e certamente allo stesso modo la composizione del Forte. Chi fumerebbe oggi, un tabacco sporco e sgorbutico come quello che fu il vero trinciato del popolo di un tempo? Mah, forse nessuno…. e il ragionamento fila, ed anche troppo. Ma va bene così, perchè un qualcosa il Forte conserva ancora della sua originaria natura : quella essenza  selvatica e refrattaria che, nonostante la variazione della sua nativa composizione, riesce ancora a vantare nel mondo di oggi. E proprio adesso che con la mia System Deluxe lo sto degustando me ne rendo conto. Quale altro tabacco riesce ad avere questo carattere…. questi spigoli, questa forza che più che nella nicotina sta nel suo sapore? Lo si voglia o no, credo che il Forte sia ancora lo sgorbutico trinciato del popolo, ma di un popolo diverso : quello del XXI secolo. Quello invischiato in una modernità monotona, un popolo che non tira più la zappa, ma che sempre popolo rimane, in una nuova composizione sociale che lo relega sempre e comunque al proprio, forse, perpetuo posto. 

Adesso per il sottoscritto il Forte è un mistero. Così come lo è stato per il soldato, reduce dallo scoppio, la dinamica del colpo inferto. Ma entrambi sappiamo cosa fare. Io continuerò a fumarlo, godendo di quelle sensazioni e di quel gusto di cui il buon trinciato è capace, mentre il soldato continuerà a vendere cara la pelle maledicendo la guerra e la sua errabonda natura.

In fondo è così, è anche materia di sensazione il tabacco, e tutto può venir meno a patto che essa rimanga a vivere nella combustione. Il Forte continua a farla vivere nella propria.

Elogio del Kentucky

blog

Immaginate di camminare per qualche stradina di campagna o in mezzo ad un prato su un altopiano collinare ed ostico, magari d’inverno. Immaginate di avere la pipa con voi, di accenderla ed assaporare il gusto del tabacco che brucia nel fornello… non so voi, ma per me l’unico sentore in una situazione come questa è quello del Kentucky, in particolare dei nostri trinciati nazionali. Si, fuori da ogni  dubbio.

Ho sentito spesso leggendo sui forum, o da qualche amico fumatore che i trinciati nostrani a base di Kentucky sono poco adatti ad essere assaporati da soli, meglio relegarli a base per miscele personalizzate oppure ai rodaggi delle pipe nuove.

Ascoltando di questi pareri mi tenni alla larga, all’inizio del mio percorso pipario, da questi tabacchi… finchè un giorno in cui mi andava di provare qualcosa di nuovo ( fregandomene se mi sarebbe piaciuto o meno) acquistai una busta di trinciato Forte.

Rimase sul mio comò per qualche settimana, spesso fissandone con temuta reverenza la bellissima busta, immaginando quale pugno allo stomaco mi avrebbe steso nel momento in cui sarebbe brillata la scintilla che avrebbe dato fuoco alla prateria…. una prateria marrone scuro, una prateria misteriosa ed al tempo stesso intrigante ed affascinante.

Un pomeriggio in cui il cielo era plumbeo e le nuvole cariche di pioggia, affascinato dall’atmosfera meteoreologica della giornata, decisi di intraprendere una delle mie solite passeggiate collinari. Infilato l’impermeabile e il cappello, non mi restava che prendere la pipa e nel riporla nella sua borsa dedicata, la mano saettò verso la busta di trinciato Forte.

Ancora stupito dal gesto fatto quasi involontariamente, afferrato l’ombrello, mi incamminai. Ad un certo punto il pensiero della fumata mi ossessionava. Seduto su un piccolo masso, aprii la busta. L’odore di “sigaro” mi inebriò. Della secchezza descritta da molti non ne trovai traccia, era perfetto ( la poca umidità è caratteristica di questi trinciati). Caricata una delle mie Peterson, feci divampare la fiamma.

Sapori forti si alternarono, forti sì, ma non eccessivi. Più fumavo camminando  e più la gravità andava affievolendosi. In mezzo a quel prato umido, i forti sentori di tabacco mi fecero unire totalmente all’ambiente circostante.

Ambiente ostico, duro, pascoli in salita e discesa, il bosco che risaliva la collina… i sapori e gli aromi del Forte si congiunsero all’ambiente, facendomi vivere il concetto di “panismo”, che mai avevo immaginato di vivere.

Così uguali, così complementari… ambiente e tabacco come fratelli gemelli.

Rincasai ancora stupefatto delle emozioni vissute, camminando ancora ad una spanna da terra : una passeggiata sulle alture del Centro-Italia si rivelò un’esperienza vissuta come se fosse di un altro mondo.

Da allora i tabacchi a base di Kentucky non mancano mai all’interno della mia modesta cambusa.

Una breve presentazione

 

Il blog nasce dalla voglia di condividere la mia esperienza personale su quello che è il mondo della pipa.

Avvicinatomi da un anno e poco più alla pipa, la strada fatta sui sentieri fumosi di questo mondo meraviglioso è stata fino ad oggi breve, tuttavia molto intensa.

Un percorso profondamente solcato  dall’affinamento tecnico, dall’acquisto di pipe e tabacchi, dalle letture più svariate e ricercate, dalla scoperta degli abbinamenti, dal confronto con compagni fumatori ecc ecc.

Questo blog non vuole sentenziare, non vuole giudicare o dare “linee” da seguire, al contrario vuole essere espressione di un cammino, di esperienze varie, di pareri e attimi vissuti.

Il soggettivo e umile rapportarsi al mondo della pipa.