Ardor. Una pipa e molto di più.

Sono un fumatore di pipa che guarda all’essenziale. Questa prerogativa, credo, la si possa trovare in molti marchi che prendono posto all’interno della mia rastrelliera; Dunhill, Ashton, Volpe, Peterson ed altri mi hanno sempre soddisfatto. Da qualche tempo, tuttavia, sento la voglia di approcciarmi anche ad altro. Ho guardato e riguardato diverse pipe di marchi a me sconosciuti che avrei voluto fumare per farmene un’idea, nello specifico alcune italiane dalle quali sembravo inizialmente poco colpito, salvo poi sentirmene dannatamente attirato. Le famose, a ragione, Ardor erano e sono tutt’ora tra queste.

Ardor è un marchio storico della pipa italiana. Qualità della materia prima, sapienza artigianale di generazione in generazione ed estro creativo caratterizzano qualitativamente questa casata. Non serve un blogghetto di questo tipo per decantare le Ardor, a fare testo sono i fumatori che hanno avuto per le mani strumenti del genere nel corso degli anni. E’ stupendo vedere come questa casata si sia evoluta nel corso del tempo, sapendo carpire l’evoluzione della pipa a livello di design, materiali ed accostamenti cromatici senza rinunciare alle proprie tradizioni e alla propria originalità.

Come dicevo, ne volevo una. L’acquistai poco tempo fa, sul sito di Bollito. Generalmente di dimensioni generose, ne scovai una con design e dimensioni che sembra stata fatta su misura per me : una chimney semicurva, medio-piccola, in finitura Urano. Rusticata con bocchino in metacrilato. Un bellissimo rim liscio, che adoro sulle rusticate, la ciliegina sulla torta. La presi senza esitazione.

Da tempo non scrivo e soprattutto è da tempo che non scrivo di una pipa, nonostante il mio parco pipe sia mutato molto da quando iniziai a buttare giù le prime righe. Con questa Ardor, che mi ha ridato la luce dopo uno stop dovuto al grande caldo appena passato ( nel quale ho sostituito quasi del tutto la pipa con i sigari toscani…) voglio ricominciare a scrivere in maniera costante.

La Ardor in questione mi è giunta forse prima del grande caldo, se ben ricordo, ma è da quando ho incominciato a tornare alla pipa che mi accompagna praticamente sempre. E’ inutile scrivere della radica, non posso rappresentare la pura qualità attraverso le parole, come potrei fare? Potrei dire che è una radica superlativa, profumata, leggera e con una grande resa con il rischio di risultare a me e alla pipa stessa troppo riduttivo. Forse un poeta o un letterato potrebbero, ma non sono nessuno dei due. Sono un fumatore che si ritrova tra le mani l’ideale oggetto amato, a cui casa Ardor ha dato forma e materia magnificamente. Le linee pulitissime, quasi quelle austere del classicismo ma con quel tocco estroso caratteristico di queste pipe, bilanciatissima e confortevole. Bella da tenere in mano, con le irregolarità della rusticatura a sfiorare la pelle. Si lascia vivere anche solo nel tenerla in mano guardandola.

Se ne sta sempre a portata di mano, pronta per una fumata di meraviglia e stupore. Pronta a regalare all’anima del fumatore quella serena soddisfazione che lo eleva al di sopra della quotidiana umanità del vizio in cui vive. Non conosco Damiano Rovera né ho mai avuto il piacere di contattarlo, cosa che probabilmente farò con il trascorrere del tempo. Oggi, però, non posso fare a meno di ringraziarlo per aver appagato la sensazione di vivere una pipa e molto di più.