Sulle ali della delicatezza : Capstan Original Navy Cut

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I Virginia. Avvicinarsi a questa tipologia di tabacco non è mai facile : bisogna saperli prendere, scoprire il modo in cui fumarli e soprattutto lasciarsi andare totalmente ad essi. Il mondo dei Virginia è fatto così, lento, gentile, delicato. Non lo si può fumare come viene, nella prima pipa che ci sta sottomano. Ha bisogno di essere trattato con tutte le misure del caso, e per questo penso che, è raro godersi appieno un tabacco di tale categoria se non si è consci del fatto che nel momento, si è soli in due : il fumatore ed il tabacco.

Da tempo mi sono addentrato nel profumato mondo dei Virginia, fumandone un bel po’. E non è stato semplice capirli : se nell’approccio vi è della materialità, della mancanza di attenzione, di tatto e della faciloneria, il Virginia, rischia di trasformarsi in aria calda e basta. Non ci regala niente, chiudendosi in se stesso e lasciandoci lì a maledire un qualcosa che sa di niente.

Quando incominciai a muovere i primi passi, sapevo che questi profumati nettari sono tanto buoni quanto complessi. Decisi allora di incominciare con un tabacco che a quanto si legge non è troppo difficile per chi è alle prime armi. Se considerando il taglio del pressato, questa affermazione può essere anche vera, per quanto riguarda il gusto in  fumata mi permetto di dissentire. Il Capstan, è un Virginia molto complesso, che va fumato con molta attenzione e con molta calma, altrimenti è difficile cavarne un ragno dal buco…

Aperta la latta, si viene investiti da un odore dolce e morbido, ricorda molto quello del miele, della frutta oppure dell’uvetta. Di un bel colore biondo scuro, il taglio delle strisce è ben realizzato e fine, per quanto mi riguarda sicuramente un pregio : si sbriciola o si arrotola con estreme facilità. L’umidità è al punto giusto, anche se tirato fuori dalla confezione e fumato non presenta problemi di combustione.

In fumata, questo Capstan è da decifrare. Non nel senso che sia difficile fumarlo, quanto piuttosto trovare il ritmo giusto per coglierne le sfumature. All’accensione, prevalgono delle leggere note acidule, ma il tempo di assestarsi e rivela un sottofondo di note molto variegate. Si passa dal dolce tipico del miele ai più classici sentori erbacei che invece sono tipici di molti Virginia. Tabacco dalla modesta carica nicotinica, è possibile fumarlo in svariate occasioni. Una volta trovato il ritmo, che deve essere molto lento, questo Virginia è capace di regalare molto. Non è il Full Virginia Flake, nè un altro Samuel Gawith (nè il Best Brown o il Golden Glow), non ha quella pienezza gustosissima del Bright Gawith Hoggarth, tuttavia nella sua modestia risulta essere godibile quanto gli altri.

Un flake di Virginia che va capito, ma che sicuramente è molto più interessante di come viene spesso descritto. Fumandolo in questi rigidi giorni invernali, mi sta regalando delle sensazioni uniche.

Forte : Adieu, mon bon ami

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Sono stato un fumatore fortunato ed inconsapevole. Fortunato perchè, del Vecchio Forte, quello dal taglio fino-fino, di colore marrone scuro ne ho fumato a bizzeffe. Amandolo. Inconsapevole perchè, di tutto il Forte che per quasi due anni ho fumato, mi ero ritrovato ad incappare in vecchie scorte che stavano lì sugli scaffali delle tabaccherie di paese ad aspettarmi. Invendute. La nuova edizione, quella moderna e finale (almeno per ora…) del Vecchio Forte non ha niente. Nè il tabacco, nè il taglio, nè il colore. Perfino all’inizio del cambio di busta, il Forte rimase, salvo piccole sfumature (per altro gradite) quello di sempre.

Tutti gli articoli che fino a questa pubblicazione ho scritto sull’argomento parlano della vecchia edizione, ormai quasi del tutto scomparsa. A fortuna si riesce a trovarne di qualche vecchia busta… ma ancora per poco sarà così. Ed è un vero peccato, sinceramente. Un grande delitto si è consumato. Ne I misteri del Forte scrissi che la nuova edizione, quella con la busta nuova, era gradevole tutto sommato quanto la vecchia. Beh, non avevo ancora avuto modo di provare, fortunatamente, la vera e definitiva “nuova versione”.

Un Forte che non è, a dispetto del buon nome, “forte” per niente. Adieu, mon bon ami.

It’s not for gentlemen : SG 1792 Flake

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L’Inghilterra e la pipa. Spesso binomio di eleganza, di delicatezza, di profumazioni latakiose ed armoniose. English Mixture, già solo la sonorità linguistica del concetto ci lascia immaginare un mondo in cui fumare è sinonimo di eleganza, di raffinatezza e di buon gusto. Il giusto, senza andare oltre. Il giusto senza essere eccessivi. Già, ma l’Inghilterra non è solo questo…. Infatti, la nazione famosa per la monarchia, il colonialismo e la raffinatezza dei costumi presenta un lato della medaglia che, in qualche modo, ci dà la possibilità di osservarla (e di comprenderla) da un punto di vista totalmente capovolto : quello della working class. Storicamente, per l’appunto, l’Inghilterra con la sua rivoluzione industriale è stata la culla dello sviluppo del proletariato come classe moderna. E su questo non ci piove.

Nell’era moderna ed ultra-liberista, il fumatore di pipa è costretto a riflettere sulla discendenza dei vari blend e delle varie composizioni che allietano (e a volte inquietano) la propria giornata. Quando incominciai a decifrare questo flake Samuel Gawith, la mente entrò in modalità “macchina del tempo”. Eh si, perchè non può essere altrimenti. C’è in tutto questo tabacco un “lato cattivo”. Il lato cattivo di una nazione, il ghigno minaccioso di una natura contro un’altra. Potrei dire che esistono davvero un Dr. Jekill ed un Mister Hyde, all’interno della produzione tabagica inglese. Due punti così distanti, così antitetici che quasi potremmo asserire la totale mancanza di legami tra essi. Invece, ci ritroviamo ad avere a che fare, con delle realtà che condividono addirittura lo stesso grembo materno.

Per quanto riguarda il sottoscritto, sono stato conquistato da questo lato oscuro. Non me ne vogliano i cultori delle English Mixtures se ho preferito visitare l’Inghilterra tabagica seguendo il piano inclinato dei moderni epigoni di quelli che un tempo furono, fuoco quotidiano, nelle povere pipe sporche di sudore e di carbone.

Ma passiamo a questo 1792 Flake. Composizione classicamente tosta : Virginia e Kentucky. Aroma altrettanto caratteristico : fava di Tonka. Samuel Gawith nel suo lato più selvaggio. Aperta la tin, il taglio non “delude mai”. Fette tagliate molto alla mano, abbastanza spesse. Si sudano sette camicie per ricavarne i bei filamenti con cui adoro sfilacciare un pressato. Ma tutto sommato, se un taglio del genere può essere sopportato, niente di più azzeccato che sul 1792! Al naso si avverte distintamente una profumazione tipica dei Virginia di questa categoria. Inconfondibile il mandorlato della fava, mi lascia credere che su questo flake ci vadano un po’ pesante con l’aroma….ma è  giusto così. Non deve rendere conto a nessuno. Le sensazioni olfattive lasciano immaginare, ampiamente, come sarà in fumata.

Dopo averlo sfilacciato per bene, meglio lasciarlo un po’ arieggiare. Passaggio che giova decisamente al tabacco in fumata. L’accensione non è così immediata. Qualche fiammifero in più d’obbligo, così come un lento e parsimonioso lavoro di pigino  permettono a questo rude flake di avviarsi pian piano. Dopo un ingresso amarognolo, a tratti leggermente invadente e dopo essere riusciti ad assestarlo un poco (sia ben chiaro che il diavolo non è brutto come lo si dipinge), è capace di trasportarci lentamente all’interno del suo mondo tonkato. Si alternano a questo punto passaggi mandorlati, floreali e forse leggermente alcolici. A tratti emerge distintamente una nota che ricorda il Kentucky, per poi perdersi, quasi come miraggio nell’insieme del Virginia e del complesso aromatico. Il gusto è pieno, rotondo ed intenso, anche se non manca di spigoli e di punte. La carica nicotinica è alta, direi molto soddisfacente. Per palati e stomaci che di questo vanno alla ricerca.

Sicuramente un tabacco non per tutti, anzi, azzerderei per alcuni. Non è il Lakeland, nè tantomeno il Dark Flake… e neanche ha molta affinità con altri nettari del genere. Tuttavia è fantastico, una tempesta a ciel sereno anche per chi predilige il lato “strong” dei tabacchi inglesi.

 

Gawith Hoggarth Dark Flake

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Gawith  Hoggarth non ha certo bisogno di presentazioni. Nel mondo del lento fumo, della produzione dei tabacchi da pipa, rappresenta uno dei mari nei quali il naufragio non solo è dolce, ma addirittura sperato. L’arrivo in Italia di alcune produzioni della storica dinastia delle terre di Kendal, è stata a parer del sottoscritto (che non ha la possibilità di fare un salto oltre confine….) una fortuna oltrechè sperata. L’offerta è varia, dai soapy ai Virginia fino agli “strong”. Tra questi, il Dark Flake rappresenta tutto quello che ci si aspetta di trovare in un prodotto di tale tipologia.

Inizialmente non so perchè, ma in riferimento a tale prodotto, ero leggermente scettico. Forse perchè il tabaccaio me lo avevo presentato simile al Lakeland, suo cugino ( di secondo grado aggiungerei io), con quello strano aroma dolciastro e profumato che niente ha a che vedere con l’odore secco e rude di sigaro, che invece il Lakeland presenta. Comunque sia, la sua composizione, mi intrigava non poco.

All’apertura della latta, quello che più colpisce è il suo strano aroma : acqua di colonia. Assolutamente. Adesso, sapevo che a Kendal con  queste cose ci giocano : nel senso che le profumazioni stile inglese sono inconfondibili nei loro blend. Tuttavia, finchè non si prova, anzi finchè non ci si ragiona(!), è impossibile capire. Il Dark Flake ( come altri prodotti GH, Ennerdale in primis) si presentano al fumatore provinciale (quale io sono), come materia sconosciuta ed entusiasmante proveniente da lontane lande. Allo stesso modo nel quale, popoli lontani, furono sommersi dalle merci più assurde nella lontana era mercantile. “Diamine, una cosa da un altro mondo”, questo pensai alla sua apertura.

Ora che, il Dark Flake lo conosco abbastanza, sono pronto a descriverlo su queste povere pagine. Non mi ha mai abbandonato da quando è approdato in terra italica, quindi, ho avuto modo di intravederne l’essenza, la quale tuttavia è ancora sfuggente e forse sfuggirà ancora a lungo. Sia questa, però, la sua prima e doverosa comparsa su questo blog.

Ufficialmente in Italia Virginia e Burley. La casa produttrice ne dà la seguente descrizione ” …a blend of dark fired Virginias, and Indian air cured tobaccos. A full bodied smoke for the seasoned pipe smoker.” Non c’è che dire, interessante è dir poco.

In fumata, è tutto da scoprire. Lavorati un po’ i pezzettoni di fetta e fatto arieggiare un quarto d’ora, è pronto per essere caricato e fumato. L’accensione parte abbastanza bene, qualche fiammifero in più ( ma è risaputo…), un minimo di attenzione con il pigino, e si parte. Rotta verso la contea del Cumbria…

E’ un tabacco la cui composizione non lascia scampo : sapori duri, forti, tellurici. Si alternano a tratti, tuttavia, ad una profumazione lieve e mai invadente, per rifluire verso una forza torbata che per quanto mi riguarda, definir goduriosa è poco. Il refluire della profumazione nell’irruenza torbata, tanto improvvisa quanto attesa è libidine pura. La fumata, scorre così, lenta e tranquilla nell’alternanza della carezza e dello schiaffo. Potrei aggiungere molte altre sensazioni, ma preferisco tagliare corto, in rispetto dell’immediatezza con cui colpisce questo tabacco.

Il Dark Flake è così. Non molto complesso,  ma mai  semplice. A metà strada tra la contemplazione profonda e il tabacco per palati duri e voraci. Difficilmente comprensibile nel breve periodo, non mancherà di affascinare e stupire gli amanti dei nettari forti.