Autunnale : St James Flake

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Dopo aver trattato — all’attento lettore giudicarne il carattere esaustivo o meno — dell’insieme dei Virginia a cui maggiormente sono affezionato, mi rendo conto che, nell’aver percorso la strada per conto mio, nelle solitudini sideree di un certo modo di fumare nella pipa, mi ero perso il «concetto» adombrato da quel «The Kendal Mayor’s Collection» che occhieggia sulle latte di tale collezione, e che anche ad un amante del «Sam’s Flake» come il sottoscritto è spesso sfuggito. Credo di non asserire una scemenza se dicessi che a fronte della più tradizionale ispirazione gawithiana in fatto di Virginia flake la collection in questione rappresenti un’innovativa deviazione divenuta tuttavia un classico indiscusso. Nella mia piccola esperienza — che potrebbe tranquillamente anche tacere — questa deviazione ha incominciato a ritagliarsi nei tempi più recenti uno spazio sempre più vasto, tanto da offuscare le delizie più tradizionali delle referenze S. Gawith in campo dei Virginia più canonici. Gnoseologicamente parlando, fumare un flake di Virginia canonico, «classico», è qualcosa che ha a che vedere con la permanenza al di sopra di una certa soglia della tecnica : al di sopra, cioè, di quella minima saldatura di elementi che riguardano l’equilibrio nella carica e nella gestione di essa, quel bilanciamento costante tra accensione e riaccensione, ritmo delle tirate e utilizzo misurato del pigino. Per averne reale e completa conoscenza, l’improvvisazione è abbastanza sconsigliata. Apprestarsi a fumare una carica di Best Brown o di Full Virginia Flake con la foga, la disattenzione, la faciloneria che talvolta diventa comune al fumatore abituato, non paga quanto una fumata che ha come proprio leitmotiv l’intenzione di tirare fuori dalle pallocche di flake «impipate» tutto quello che sono capaci di concedere. Se tale è il motivo ultimo della fumata, se dipanare ogni matassa di ciò che si tiene acceso nel fornello è il fine ultimo e la condicio sine qua non del momento ritagliato al piacere, l’accostarsi cosapevolmente al segmento temporale dedicato al Virginia stricto sensu necessita di far propri i postulati di cui sopra. O almeno così la pensa il sottoscritto. Per accingersi in maniera meno totalitaria ad una buona fumata a base di Virginia in formato flake vi è necessità di condimento : la presenza di questo — comunque mai in dosi sovraccaricanti — rappresenta una piccola variazione sul tema tale da far sottilmente deviare — anche se in porzioni limitate — il sistema gnoseologico di colui che si accosta al consumo consapevole del Virginia in flake. Il condimento rappresenta un’iniezione minima di facilità, una dose non in assoluto destrutturante dell’impalcatura descritta, ma comunque distensiva, capace di scioglierne la rigidità senza stravorgerla nel suo complesso. Concettualmente avviene una mutazione che pur facendoci permanere entro una stessa forma, ne modifica il contenuto, con il risultato che tra forma e contenuto originario penetra un elemento che a questi regala espressioni diverse, più facili, meno standardizzate. Il St. James Flake è fuor di ogni dubbio — o almeno dei miei — una versione del migliore confezionamento Gawith in fatto di Virginia che pare fatto apposta per le ex-colonie : l’aggiunta del Perique a delle componenti prossime al Best Brown o al Full — magari ipotizzando un ibrido di questi, non saprei con esattezza restituisce un raffinatissimo flake che funziona, per così dire, tanto nell’Inghilterra nord-occidentale che a Saint Louis. Nonostante l’ispirazione sia vagamente americana, il St.James mantiene tutte le caratteristiche di un prodotto conservatore. Si può fare — e questa è in tal caso la grande capacità della Samuel Gawith — un flake di Virginia contaminandolo con un elemento nuovo senza perdere la propria tradizionale essenza. Tutto ciò che essenzialmente Samuel Gawith sta a significare vi è integralmente riportato. Perique o meno, è un Virginia flake SG, ma con tale contaminazione ne esce qualcosa di diversamente classico : è qualcosa di già assaporato, di già conosciuto, ma inedito al tempo stesso. Inedito nella semplicità con la quale lascia schiudere il proprio germoglio aromatico, inedito nella chiarezza con la quale i sapori si lasciano distinguere, privo di quelle esoteriche sacche che presentano i fratelli incontaminati. Il concetto che sta dietro alla «Kendal Mayor’s Collection» è troppo ampio per ridursi al St. James e ancora  insondabile se ci si arresta a questi e al Sam’s. Ma del St. James basta dire che altro non è se non la magnifica conoscenza Gawith in materia dei Virginia e la altrettanto indiscutibile sapienza della casata in campo di precisione ed equilibrio delle componenti. Se lo avete già provato, sapete a cosa faccio riferimento. In caso contrario, si tratta di Virginia e Perique, ma pensati da cervelli platonici. Come che sia, ciò di cui il sottoscritto può avere massima certezza, è la dose di appagamento che mi sta regalando come mio ultimo spasso autunnale.

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