Gawith Hoggarth Dark Birds Eye

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Essere fumatori monotoni può essere atipico tra i fumatori di pipa. Io lo sono. Tendo a fumare praticamente quasi sempre le stesse tipologie di tabacco o per lunghi periodi addirittura un unico tabacco. Non sono un fumatore con la cambusa piena di chissà quali meraviglie in scatole sottovuoto, ma uno con quei tre o quattro trinciati sempre fra le mani, o meglio, nelle pipe. Fare scorta e riempire la cambusa, lasciare invecchiare e avere la pazienza di aspettare per gustare che so, un Virginia maturato a lungo, è nobile e raffinata cosa. Il giusto passatempo del fumatore di un certo tipo, di sicuro raffinato e attento a dettagli che al sottoscritto sfuggono e che forse continueranno a sfuggire. D’altra parte, però, non mi definisco un fumatore “distratto”. Tengo le mie pipe nel migliore dei modi, pulite regolarmente, accese con perizia tale da annerire pochissimo e quasi niente il rim, non negadogli mai il meritato periodo di riposo.

Amo i tabacchi di grande impatto. Amo quelli che quando si dà fuoco si sprigionano immediatamente come una mandria di cavalli selvaggi. Non avendo la minima voglia di rinunciare a questi quotidiani barlumi iniziatici, uno dei trinciati che molto difficilmente potrebbero mancare nella mia limitata cambusa è il Dark Birds Eye, meraviglia made in Gawith Hoggarth. Tra i pochi trinciati che sono abituato a tenere in casa, esso non manca mai. Rappresenta, insieme al Dark Flake della stessa casa e al Lakeland Dark dei cugini Gawith, la triade degli strong inglesi a cui sono molto più che legato.

Degli strong inglesi su questo blog ne ho parlato, tutto sommato, il giusto. Ho persino recensito strong gustosi, ma ai quali non sempre dedico il mio tempo ( un esempio è il 1792 Flake). Il Dark Birds Eye mancava, soprattutto a causa dello stop che mi sono preso  negli ultimi mesi, se non del tutto con la pipa, totalmente con la scrittura. Cose che capitano, dopotutto…

Chiedo perdono se reputate che l’abbia tirata per le lunghe.

Definirei la composizione di questo G&H un must degli scuri trinciati d’oltremanica. Uno straight Virginia curato a fuoco, meraviglia delle meraviglie. Il taglio fino ne facilita la combustione e di molto se paragonato al Dark Flake e ancor più rispetto al Lakeland. Brucia praticamente da solo, ed è qui che corre il rischio di risultare soverchiante. Lo adoro, ad esempio in una Volpe Panel, paragonabile come dimensioni ad una gruppo 4 Dunhill o giù di lì. Un trinciato duro che migliora nell’asciugarsi dell’umidità, a mio dire eccessiva, che lo caratterizza appena fuori dalla latta. La nota aromatica tipica di altri G&H si presenta sottotono, come ad esempio non è nel Dark Flake, lasciando a briglia sciolta la genuinità dello scuro Virginia che delizia con le sue note torbate e telluriche. Si spazia dall’affumicato persistente a sentori “legnosi”, risultanti dalla cura a fuoco, senza perdere quella dolcezza di fondo del buon Virginia che fa da regìa al protagonismo degli altri sentori.

L’impatto nicotinico è abbondante. A parere del sottoscritto amplificato anche dal taglio che permette una combustione andante. L’ho gustato in pipe dalla capienza media, anche se per questo trinciato preferisco spudoratamente le italiane alle inglesi ed anche alle irlandesi. Trovo che in una radica più morbida riesca davvero ad esprimersi in maniera superiore. Non che sia cattivo in una Dunhill, per carità! Ma ho trovato quella punta in più, quello slancio verso la vetta in buone pipe italiane.

Per concludere, probabilmente, il mio strong inglese preferito.