“Ye Olde Wood”

barling pretBarling’s Make “Ye Olde Wood” T.V.F. 408 EL (pre-transition)

Il guaio di fumare nella pipa, ma anche l’intrinseco stimolo che si cela dietro questa attività, è quello di non essere solo un vizio. Se così non fosse, sarebbe tutto molto più semplice. Alle pipe ci si affeziona, entrano per necessità ― e talvolta per elezione ― nelle proprie vicende personali, le accompagnano, financo a trasmutarle come solo un oggetto della più tortuosa quotidianità sa fare. Per colui che scrive, queste, ― e in special modo nei periodi più ardui ― hanno il grande merito di regalare quel pizzico di divertimento partorendo saporiti momenti a nutrimento del proprio spirito ludico. Allorché le si gira e rigira tra le mani, mentre scorre l’alternarsi di prospettive, il gioco di luci e ombre : questo comparire di dipinti ― dagli arabeschi del cross grain ai verticali parallelismi dello straight grain ― mi rammenta soventemente che la sensibilità non è (solo) una croce da portare lungo il calvario dell’esistenza, ma anche una peculiarità deliziosamente coscienziosa che permette di assaporare piccolezze destinate altrimenti a rimanere semioticamente mute.
E tutta questa sottigliezza visiva e concettuale è la migliore cornice entro la quale presentare questa Dublin.

Il nome della famiglia Barling non è sconosciuto ― per forza di cose ― all’amante della pipa in generale, se poi si è tra quei fumatori che hanno piacere nel ritrovarsi tra le mani qualcuna di quelle vecchie glorie “made in England“, ecco allora che ritrovarsi per le mani una Barling pre-transition ― razza di pipe che le voci di corridoio che corrono tra gli appassionati ritengono eccezionali ― è indubbiamente una grande soddisfazione, specie se il tubo in questione ci perviene in condizioni eccezionali, giacché senza dubbio si parla di una manifestazione di un’altra epoca.
La pipa che si vede in foto oltretutto ― e almeno per le corde fatte vibrare al sottoscritto ― non esaurisce la sua corsa sul traguardo della rarità e dell’eccezionalità produttiva, e neanche su quello delle soddisfazioni filologiche ― materialmente tangibili ― che una pipa del genere può offrire, conto tenuto che si tratta di un importante tassello del grande puzzle storico annoverante la sublime ricerca della qualità unita alla spietata concorrenza in cui le più importanti casate angliche si trovavano (ai tempi) grandemente impegnate.

Come detto, si tratta di una Dublin (shape 408) leggerissimamente canted, quanto basta a renderla elegantissima ― sans doute con la complicità del cannello schiacciato che ho imparato ad apprezzare grazie ad una realizzazione in quel di Radice. In aggiunta ― e per nulla in secondo piano ― la qualità dell’ebanite non ha nulla da invidiare alla serafica realizzazione in materia di stems presso Dunhill : nonostante la lucidatura a motore effettuata negli anni (non parliamo di una “giovanotta”…), l’originalità del bocchino è testimoniata da alcune lettere superstiti chiaramente disposte a croce, e il dubbio ― che è sempre legittimo ― è così fugato e a proprio sostegno vi è l’opera di carteggiatura che ha dato garanzia di un materiale di indubbia qualità, resistenza e durezza : ulteriore elemento che lascia spontaneamente gioire.
Ma la gioia, se mi è concesso di definirla tale, non arresta la sua trionfale marcia giunta a questo punto. L’essenza della radica, la perfezione delle linee della testa, il taglio che mette in mostra su entrambe le guance un occhio di pernice stratosferico, che non era raro sulle (non troppo) modeste punzonature Ye Olde Wood ― lisce in finitura scura ―, ma che su questo esemplare è evocativamente barocco.

La pipa è in funzione ― dal dì che me la sono ritrovata tra le mani ― da molto poco, poiché si aveva la necessità di farla asciugare per bene dai vapori dell’alcool (alimentare…) con il quale ho passato gli interni, soprattutto cannello e foratura. Le sue dimensioni ― indicate con la stampigliatura EL ― la rendono, tenendo conto dello shape, una gruppo 3 abbondante in termini Dunhill, il che ne fa la misura a cui chi scrive è più affezionato. Sarebbe difficile descriverne la bontà, appena occultata e in via di emersione nel frattempo che i fantasmini (poca cosa…) delle passate fumate abbandonano la radica. Ed è proprio giunti a questo punto che si comincia a sorridere per davvero, ovvero quando la miscela al 50/50 di Golden Glow (SG) e Cimette (Mastro Tornabuoni) si apre come un fiore alle prime luci della primavera, quando il legno comincia a prendere ― distintamente e senza colpo ferire ― gli aromi che preferisco; quando insieme alla partenza dei vecchi spettri, fa la sua comparsa quel famoso spettro che si aggira ― e per giove non a torto! ― presso le paludi psicologiche degli appassionati di questi strumenti : quello della fama della superlativa bontà della radica air cured di una vecchia Barling.

stampigliature

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