Sam’s Flake

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Le peripezie tabagiche nel mondo del lento fumo sono sempre dietro l’angolo. Quando si crede di aver razionalizzato il proprio gusto in materia di aromi, forza e composizione, ecco che quel piano che si credeva solido e adatto a sorreggere la costruzione tabagica che si è realizzata nel corso del tempo, inizia ad inclinarsi improvvisamente.

Questa è una storia di orizzonti allargati, di nuove tipologie di tabacco che contribuiscono a soddisfare il gusto, non proprio complesso, del sottoscritto. Abituato a fumare prevalentemente trinciati naturali, rustici e sgorbutici tipo il vecchio Forte, il Le Baron, qualche Toscano sbriciolato e quello che secondo me rappresenta il top del Kentucky in pipa : le Cimette Mastro Tornabuoni, mi ritrovai ad apprezzare un prodotto che definirei totalmente estraneo a chi aveva fatto delle fumate rustiche un punto se non di arrivo, quanto meno di passaggio obbligato. Così, frastornato dal Navy Flake di Mac Baren, non per la forza quanto per il suo contrario, iniziai ad avventurarmi sulla via delle profumazioni delicate e mai esuberanti.

Se come dicevo prima, il Kentucky nel fornello rappresenta se non un punto di arrivo definitivo, un passaggio obbligato da attraversare ogni qual volta si prende in mano la pipa, allo stesso modo alcune delicatezze stanno costituendo il medesimo passaggio di un’altra via. Una via meno impervia a vedersi, ma altrettanto impegnativa da percorrere, che se non spicca per le proprie caratteristiche selvatiche ( come può esserlo una cimetta in un fornello), di sicuro non mancherà di scatenare nel viandante la ferma attenzione di chi non vuole perdersi neanche il minimo particolare del paesaggio.

Il Sam’s Flake di Samuel Gawith,  è una di queste vie. Il passaggio aperto dal flake di Virginia-Burley di Mac Baren, ha portato il sottoscritto ad immergersi in un sentiero di Virginia-Turchi dallo strano aroma di fava di Tonka, prodotto culinario che non ha mai avuto la sfortuna di finire sulla mia tavola. E questo a pensarci, rende bene l’idea di come il tabacco riesca ad unire culture diverse, lontane fra loro e che corrono su binari dalla improbabile intersezione. Persino in materia culinaria, che poi volendo essere attenti, altro non è che un’altra rappresentazione del dio gusto, unica entità venerata che accomuna qualsiasi fumatore di pipa.

Ebbene, torniamo al particolare Virginia “developed in Samuel Gawith”. Inizio con il dire che, non so bene il perchè, ha attirato la mia attenzione. Sfogliando il catalogo dei tabacchi importati da Lubinski, leggendone le composizioni, mi sono soffermato sul Sam’s…. forse la fava di Tonka mi ha inconsciamente incuriosito. Sempre a livello inconscio, ho mosso i primi passi che mi hanno condotto al Sam’s Flake : potevo tendere, seguendo la fava, verso il 1792 ( nel quale è presente anche del Kentucky). Ma le soddisfacenti e recenti scoperte nel campo dei tabacchi “tosti”, nonostante le mie ricerche mi facciano approdare spesso verso quei forti sentori, questa volta mi hanno deviato verso l’altro Virginia, che a conti fatti presentano una sottile parentela soltanto nel prendere in considerazione l’aromaticità tonkata presente nei corrispettivi DNA.

Aperta la latta, al naso risalta un forte aroma di mandorla, seguito da altre dolci profumazioni. A tratti, associo il sottofondo aromatico all’orzata, ma potrebbe essere semplice deviazione delle narici del sottoscritto. Al tatto il taglio, sottoforma di pressato, si presenta abbastanza grossolano (come noto nei flake SG) e molto umido, caratteristica anche questa comune alla maggior parte dei Samuel Gawith. Di colore prevalentemente scuro, questo Virginia condito il giusto con degli ottimi “Turkish”, è forse il tabacco che più mi ha spinto verso la curiosità dell’accensione.

In fumata.

Lasciatemelo dire, il Sam’s Flake è un prodotto magnificamente eccezionale. Tendenzialmente dolce, a dire del sottoscritto, rappresenta quello che cerco in un Virginia di questa fascia : delicatezza senza scadere nell’impercepibile ( specie per chi fuma in genere nettari molto scuri…), aromi non invadenti, tuttavia neanche individuabili distintamente : con l’aromaticità di questo tabacco ci si gioca a nascondino durante tutta la fumata… nel senso che gli aromi sono tutti da scoprire, tutti da inseguire o da aspettare nell’attesa che essi si palesino. Non è un Virginia che rimane standard nella sua aromaticità, al contrario è un Virginia che evolve durante tutta la fumata : fugge in avanti con gli aromi, per tornare al punto di partenza. Procede incedendo a sbalzi, evolvendo in una spirale di aromi per poi sopirsi e ricominciare. Quello che rimane perpetuo, durante tutta la fumata, è la dolcezza di sottofondo. Cremosa, amalgamante : una base perfetta che lascia spazio ad aromi più particolari (tra cui quella famosa fava di Tonka che tra i tanti, non riesco ad identificare), alla mandorla, al miele, a strani profumi paesaggistici e addirittura a qualche nota di cedro. Il tutto, ricordiamolo, viene portato in trionfo da una forza di media entità, che lascia soddisfatti e sazi. Imbambolati, nel centro del ciclone aromatico, dove tutto evolve in forme sempre nuove per poi assopirsi definitivamente, quando in quel centro non vi è rimasto altro che cenere. Questo Virginia, scusatemi per questo, a tutto mi fa pensare meno che a Kendal. Riporta alla mente, forse per chi come me non ha viaggiato, molte di quelle sensazioni che si hanno osservando alcuni paesaggi americani. Magari è il Virginia, che sempre mi fa questo effetto, ma tant’è! Trasmette quei profumi delle colline del Vermont, o del New England, quei sentieri che si attraversano con la mente fiancheggiando una staccionata, osservando le foglie arancioni volteggiare nell’aria o imperterrite, ancora ancorate all’addormentato ramo. E i fili di erba verde, che ancora per poco, colorano e mettono in risalto il bordo del sentiero.

Il Sam’s Flake è capace di portarci molto lontano, è capace di farci vivere con la fantasia e con il cuore luoghi e sensazioni lontane, che rimangono latenti in noi e che cercano il passaggio giusto per raggiungerci. Alcuni tabacchi riescono a permetterlo, tra questi il Sam’s : provare per credere.

 

Sulle ali della delicatezza : Mac Baren Navy Flake

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Da qualche tempo a questa parte, trovo piacere del corpo e quiete dell’animo in alcune note mielose che fuoriescono dai fornelli delle mie pipe. Le note aromatiche in questione, mai invasive e sempre aristocraticamente al di sopra degli eccessi brutali di alcune pseudo-leggerezze, trovano forma in quello che è uno storico prodotto di casa Mac Baren : il Navy Flake.

Il Mac Baren Navy Flake, a parere del sottoscritto è un tabacco che ha un peso, è un prodotto da prendere sul serio, sia per quanto riguarda la sua presenza storica che per l’azzeccatissima composizione che ne rappresenta il carattere. Presente nei fornelli di innumerevoli pipe fin dal lontano 1965, questo tabacco presenta una composizione che al sottoscritto, nel momento in cui ha aperto la prima latta, ha fatto letteralmente venire l’acquolina in bocca : Virginia, Burley e un tocco di Cavendish sottoposti a pressione per un periodo di trenta giorni…

All’apertura della latta, come dicevo, gli aromi che emanano le sottili strisce pressate stimolano nettamente il gusto : note fruttate, mielose, di una dolcezza elegante, non invasiva, quasi conoscesse le buone maniere. A crudo è poesia pura, e non di meno lo è nel fornello a combustione andante. Le strisce si presentano sottili, di un bel biondo invitante e personalmente ne adoro la facilità con cui si lasciano preparare e caricare. E’ un flake facile ed intuitivo.

All’accensione presenta delle note dolci, che rimangono tali anche quando si esagera con il fuoco. E’ un tabacco che difficilmente esce dai binari, sopporta bene i surriscaldamenti del fumatore distratto, che tollera e perdona anche troppo. Durante la fumata le sue note fruttate rimangono stabili, ed anche se non presenta complesse evoluzioni, a parere di chi scrive non teme affatto la concorrenza più blasonata. Gli aromi fruttati, dolci e leggeri, rilassanti e rasserenanti, di tanto in tanto concedono il posto a delle note che a crudo risultano molto più palpabili, mentre in fumata vengono avvolte ( ma non coperte attenzione!) da un corpo molto più presente : sto parlando di quel sentore mieloso che seppur non dominante, permette di percepire, a parere del sottoscritto, l’anima più profonda e ambigua del Navy Flake.

Le note in questione emergono di tanto in tanto dal fruttato corpus dominante, le quali contribuiscono all’arricchimento della fumata rendendo il seguente flake tutt’altro che stucchevole.

Riporta alla mente più che la primavera, come inizialmente pensavo a causa del suo corpus dominante che va dal fruttato all’erbaceo, l’autunno. Già… quelle giornate d’autunno nelle quali le erbe e la vegetazione sono ancora capaci di inondare l’ambiente delle proprie note olfattive, che ormai morenti, caricano di malinconia lo spirito di chi vi si immerge. E l’odore degli ultimi frutti rimasti sugli alberi, che ci invitano a coglierli, fuggendo al decadimento imminente.

In fine l’odore del miele. Nel thè, nei dolci, in cucina… che esce dalla finestra e si percepisce, di tanto in tanto, nel corpus naturale dell’autunno che va morendo, e proprio perchè giunto alla fine, ci regala i suoi ultimi forti ed avvolgenti sentori.

Per me, il Navy Flake, rappresenta tutto questo.

Voto : 9-

 

SG Balkan Flake, un Balkan a metà

 

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Incomincio con il dire che è una miscela atipica : nonostante la denominazione Balkan, non rispetta la composizione canonica di ciò che Balkan viene definito, ovvero : Virginia, Latakia ed Orientali. Penso che questa mancanza non sia passata inosservata a nessun fumatore di pipa, navigato o non. Comunque, non è di certo questa errata definizione balkanica che può mettere fuorigioco questo ottimo tabacco di casa Gawith, la quale ci offre sempre qualità e miscele collocabili nell’Olimpo tabagico. L’assenza di Orientali ha infatti stuzzicato la mia curiosità…

L’etichetta posta sul fronte della latta riporta la seguente descrizione : ” A blend of fine Virginias and Latakia from the House of Samuel Gawith & Co. Ltd. Kendal, England.” Sicuramente incuriosisce non poco questo Virginia al Latakia.

Aperta la latta l’odore è inebriante : presenta buone note speziate ed emana un’invitante freschezza… il Virginia si sente e dà prova della sua qualità. Il Latakia è ben presente, direi il giusto all’olfatto. Il taglio si evince dal nome stesso, è un flake. Un pressato sottile, a fettine. E’ molto umido, d’obbligo farlo arieggiare un bel po’, altrimenti la combustione diventa troppo difficoltosa.

Per quanto mi riguarda, uso sbriciolare i flake per fumarli. Le ragioni che mi spingono a questo riguardano la combustione, infatti riesco a mantenerlo acceso più facilmente e di conseguenza a godere maggiormente della fumata senza troppi grattacapi. Inoltre evitando un maggior numero di riaccensioni che il flake intero richiede, riesco a migliorare la percezione del suo bouquet aromatico e al tempo stesso a conservare la lingua in condizioni di fumata eccellenti. Comunque sia, questa recensione farà del suo giudizio una media tra le fumate avvenute a flake intero e sbriciolato. Passiamo a come si comporta in fumata…

Si dimostra a mio dire un’ottimo tabacco. Fatto opportunamente asciugare dell’umidità in eccesso riesce a garantire una combustione che non risulta ostica, direi a pari dei trinciati della stessa casa produttrice : è ormai noto ai più che la combustione dei Gawith è leggermente meno propensa a rendersi in facile maniera rispetto ad altri trinciati. Comunque del tutto gestibile. Presenta delle buone note dolci che fanno da ottima base a quelle pungenti tipiche del Latakia, il quale assicura uno speziato e delle note d’incenso di tutto rispetto. Presenta un’ottima pienezza di corpo, ma al tempo stesso una leggerezza in fatto di rilasci nicotinici che lo rendono adatto a vari momenti. Inoltre, se fumato attentamente, riesce a dimostrarsi un’ottimo tabacco da meditazione.

In definitiva è un buon prodotto, equilibrato e saziante. Come sempre Samuel Gawith riesce a soddisfarmi, anche quando in una Balkan manca qualcosa… quel qualcosa che in questo caso, forse, si sarebbe rivelato superfluo. Ottimo. Un esempio di azzeccatissima combinazione tra Virginia e Latakia.

 

Samuel Gawith Lakeland Dark

 

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Denominazione : Lakeland Dark

Produttore : Samuel Gawith

Contenuto : Virginia, Italian Kentucky

Confezione : tin 50gr, bulk 250gr

Prezzo : 22,00

Pipe utilizzate

Varie

 

Per questa meraviglia reperibile sul territorio nazionale un grande ringraziamento va a Mario Lubinski. A seguito della scomparsa del famigerato Brown N°4, un twist della stessa composizione, Mario ha provveduto a trovare un degno sostituto alla rimpianta treccia, scomparsa a causa dell’impennata dei prezzi dei tabacchi importati.

Il Lakeland Dark è, per me amante dei trinciati contenente Kentucky, ottimo, godibilissimo e forte. Unico. Uno di quei prodotti che elevano il Kentucky da tabacco dei poveri e senza troppe pretese a miscela complessa, ricca di sfumature, aromi e sapori. Virginia e Kentucky italiano tenuti tre ore nella pressa a vapore a calore pieno e poi pressato a freddo per qualche ora. Successivamente tagliato e inscatolato. Scuola Samuel Gawith, a mio dire una delle migliori.

All’apertura il tabacco si presenta con un forte odore, persistente e aromatico a modo suo. Le note olfattive sono quelle classiche del Kentucky, ma con più variazioni : terra, legno, cuoio. Il tutto libidicamente marcato. L’umidità, come sempre in casa Gawith c’è, fare prendere aria per benino prima di incominciare la fumata. Il taglio si presenta sotto forma di broken flake, ovvero come pezzettoni di flake spezzato molto grossolanamente. Il colore scuro è magnificenza pura.

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Il Lakeland Dark in tutta la sua maestosità, qui ne è alle prese la mia amata Aran

In fumata è un prodotto estremamente entusiasmante, la combustione parte abbastanza bene e con qualche fiammifero in più che si rende necessario. Domina l’amaro, il sapore di terra, di cuoio, di affumicato persistente. Il Virginia si percepisce e si comporta molto bene, a mio parere contribuisce non poco a donare a questa miscela una complessità che va ben oltre le apparenze. Presenta una forza nicotinica abbastanza elevata, va fumato con molta calma, boccate corte e con ritmo leggermente più lento del solito. Le riaccensioni sono necessarie, ma l’importante è goderselo, anche in barba ad una combustione che non è delle migliori.

Ultimamente lo sto fumando in fornelli più grandi. L’avevo affidato inizialmente ad una Savinelli Dry System, in questo periodo sto optando per la Peterson Aran, in cui riesco godermelo molto di più, in quanto la carica tende ad allargarsi durante la fumata. A questo punto una carica pressata pochissimo è d’obbligo, altrimenti non si va da nessuna parte. Caricato con la forza di una piuma, qualche fiammifero di troppo e pigiatine varie… è un tabacco a cui si deve star dietro, ma che ripaga fino all’ultimo grammo di attenzione che gli viene rivolto.

Voto 9,5